VICINANZA Giacinto
di Stanislao e di Alessandrina Barbaro, nacque a Salerno il 5 ottobre 1882 e morì in combattimento a San Martino del Carso il 28 giugno 1916.
Nato da famiglia di professionisti, conseguita a Napoli la licenza in fisico matematica nel 1903, si arruolò allievo ufficiale nel 12° reggimento fanteria e nel maggio 1904 venne nominato sottotenente di complemento nell’ 11° reggimento, della stessa brigata Casale. L’anno successivo, superati gli esami passò nel ruolo degli ufficiali in servizio effettivo. Frequentata la Scuola di applicazione di fanteria, dove ottenne lusinghieri apprezzamenti per il telemetro da campagna da lui ideato, passò al 42° reggimento. Nel 1908 fu promosso tenente e l’anno seguente venne destinato alle truppe coloniali della Somalia. Rimpatriato nel 1910, partì col 63° reggimento per la Libia nell’ottobre del 1911, e pei fatti d’arme di Henni e di Sciara Sciat dal 26 al 29 ottobre e di Hamidié il 6 novembre ottenne una medaglia d’argento al v. m. Una medaglia di bronzo gli fu concessa, poi, pei combattimenti contro gli Orfella, a Misurata, il 18 luglio 1912. Rientrato in Patria nel settembre successivo, nell’ottobre 1913 fu ammesso a frequentare i corsi della Scuola di Guerra. Promosso capitano a scelta nel dicembre 1914, all’inizio della guerra contro l’Austria era a disposizione del comando della 29^ divisione per il servizio di Stato Maggiore, e vi rimase circa un anno. Ottenuto di ritornare fra i fanti, nel maggio 1916, assunse il comando della 5^ compagnia del 47° reggimento Ferrara che, il 28 giugno, fu prescelta assieme con la 6^ per attaccare una forte trincea austriaca antistante le rovine del villaggio carsico di San Martino. Alle ore 15, partito decisamente all’attacco alla testa della compagnia, rispose pienamente, col sacrificio della sua vita, al compito assegnatogli ed alla fiducia in lui riposta dai suoi superiori e dal comandante della brigata che, poco prima dell’azione, gli aveva fatto pervenire un personale messaggio. Con un balzo irruppe nella trincea nemica e benché ferito gravemente, non desisté dal combattere e dall’incitare i suoi a mantenerne saldamente il possesso, finché cadde abbattuto da una raffica di mitragliatrice. Alla trincea conquistata con tanto valore e sacrificio fu dato il suo nome. Dice la motivazione della medaglia d’oro al v. m. concessagli alla memoria con d. l. 22 luglio 1916:
Alla testa della sua compagnia, attaccava, con slancio ammirevole, una forte trincea nemica; conquistatala, sebbene restasse ferito, piuttosto gravemente ad un fianco, continuava ad incitare i suoi soldati a strappare al nemico tutta intera la posizione. Nel momento poi, in cui raggiungeva l’intento, cadeva nuovamente e mortalmente ferito, e, prima di spirare, dava disposizioni per evitare che il micidiale fuoco nemico, che colpiva sul fianco sinistro la sua compagnia, avesse i suoi terribili effetti. – San Martino del Carso, 28 giugno 1916.
G. Carolei, G. Greganti, G. Modica, Le Medaglie d’oro al Valore Militare dal 1915 al 1916, (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, [Tipografia Regionale], Roma 1968, p. 212.