PIRAGINO Guido
di Antonio e di Maria Mazzi, nacque a Nereto di Teramo il 14 luglio 1880 e morì in combattimento sul Carso il 3 giugno 1917.
Allievo del Collegio Militare di Firenze e poi di quello di Roma, passò alla Scuola Militare di Modena nel 1896 e nel 1899, al compimento dei corsi di studio, fu nominato sottotenente e destinato al 2° reggimento bersaglieri. Giovane aitante, ottimo schermitore e ciclista, sportivo, pose queste sue qualità al servizio del dovere e della disciplina. Promosso tenente nel 1902, disimpegnò la carica di aiutante maggiore in seconda per diversi anni con grande capacità ed ascendente sui colleghi. Per l’opera di soccorso prestata alle popolazioni calabro-sicule funestate dal terremoto del dicembre 1908 gli fu conferita una menzione onorevole. Promosso capitano nell’aprile 1913 e trasferito al 1° reggimento bersaglieri, un mese dopo partì per la Libia e nel giugno 1915 fu decorato di medaglia di bronzo al valore per il coraggio dimostrato nel combattimento contro i ribelli arabi ai pozzi di Zefrania e nel quale riportò una ferita al petto. Rimpatriato nel settembre 1916 con la promozione a maggiore, fu assegnato al 139° reggimento fanteria della brigata Bari di nuova costituzione e lo raggiunse in zona di operazioni, sul Carso, nel novembre successivo. Assunto il comando del III battaglione, combatté sul Debeli Vrh e sul Cosich nel gennaio 1917, e, nonostante fosse sofferente di una grave infermità, non volle abbandonare il battaglione duramente provato nei combattimenti del maggio, durante la decima battaglia dell’Isonzo, contro le posizioni austriache di Selo, nel tratto di fronte fra le quote 235 e 241. Allorché gli austriaci, di sorpresa, il 3 giugno, riuscirono ad occupare la quota 241, il maggiore Piragino, di sua iniziativa, accorse col suo battaglione in sostegno dei reparti che stavano per essere aggirati sull’ala sinistra; quindi con due compagnie e le poche mitragliatrici di cui disponeva si lanciò per primo alla riconquista dell’altura 241, sbaragliando il nemico. Mentre disponeva la difesa della posizione riconquistata, una pallottola lo colpì in piena fronte uccidendolo. Così dice la motivazione della medaglia d’oro al v. m. concessagli alla memoria con d. l. del 3 gennaio 1918:
Benché affranto da grave malattia che ne fiaccava di giorno in giorno l’organismo, sordo alla parola dei sanitari che lo consigliavano ad allontanarsi dalla fronte, tenne il comando del battaglione, guidandolo, nonostante sofferenze inaudite, per ben dieci giorni di continui combattimenti con perizia e valore mirabili, sempre primo ove maggiore era il pericolo e infondendo nei suoi dipendenti slancio e coraggio. Venuto a conoscenza che una nostra importante posizione era stata perduta, infiammava i suoi, ed alla testa del battaglione si lanciava sul nemico, lo sbaragliava e riconquistava la posizione. Cadde colpito in fronte, lasciando quale sacro retaggio la posizione conquistata a prezzo del suo sangue e che dai suoi fu poi validamente mantenuta. Carso, 3-4 giugno 1917.
G. Carolei, G. Greganti, G. Modica, Le Medaglie d’oro al Valore Militare 1917, (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, [Tipografia Regionale], Roma 1968, p. 70.